Le Terme
le terme di Antrodoco
Ultima modifica 6 marzo 2023
Decantate da alcuni medici del passato per le loro virtù miracolose, le acque di Cotischio, l'attuale Monte Giano dalle cui pendici sgorgano le acque sulfuree che alimentano le Terme di Antrodoco, pare fossero conosciute sin dall'epoca romana ed usate sia come bevanda che per i bagni termali. Del resto, non sono giunti sino a noi resti archeologici o testimonianze certe che confermino tale circostanza, mentre notizie più sicure, circa un utilizzo a scopo terapeutico, cominciano ad affiorare solo in secoli a noi più vicini. Ad esempio, sappiamo che il medico Andrea Bacci nel suo De Thermis, pubblicato nel 1588, distinguendole da quelle di Cotilia, affermava che le acque di Antrodoco da pochi anni erano tornate ad essere utilizzate per i bagni ("quae paucis hinc annis ad Antrodocum Oppidum in usum venere balnearum [...]"). Non si ha, comunque, un'idea precisa di come all'epoca venissero sfruttate anche se alcuni anni più tardi, nel 1621, il medico Salvatore Massonio, in un suo scritto, Breve et Utile discorso / di / Salvatore Massonio / delle facoltà et dell'uso / delle Acque dell'antico Bagno / di Antrodoco /Dedicato / all'lll.mo et Rever.mo Signor / Cardinale Bandini / in Napoli Per Gio. Domenico Roncagliolo 1621, ci ha lasciato alcune interessanti notizie in merito. Pur riconoscendone le virtù terapeutiche, il Massonio lamentava come queste acque venissero impiegate principalmente per cure idropiniche e solo raramente "alcuni che hanno le gambe o altre parti del corpo ulcerate, vanno il giorno a lavarsi al fonte stesso[...]". A riprova di questa preferenza nell'utilizzo delle acque termali, l'autore fornisce delle prescrizioni per potersene giovare come bevanda in maniera corretta da un punto di vista terapeutico (tra le altre cose veniamo a sapere che erano efficaci soprattutto contro "la rogna, e la pietra, o la renella[...]"). Da queste informazioni si può supporre che le terme non fossero organizzate in veri e propri bagni, e che la sorgente venisse usata dagli abitanti del luogo senza alcun controllo da parte delle autorità. Alla fine della sua opera infatti, il Massonio lancia una sorta di appello " AI Sindaco et Eletti al Regimento delle Terme di Antrodoco[...]" affinché il bagno venisse sollevato "da quella semplicità di stato, in che si trova[...]". Probabilmente le autorità non diedero ascolto a questo accorato appello: solo nel XIX secolo si provvederà, infatti, a fornire Antrodoco di un vero e proprio stabilimento termale. Intanto, nel1825, il "dottore in medicina e chirurgo e professore nel Real Liceo dell' Aquila" Luigi Petrini, per conto della "Reale Società Economica di Aquila" eseguiva le prime analisi chimiche delle acque che all'epoca venivano raccolte in un serbatoio situato nel terreno di proprietà di un certo Alessandro Blasetti. Nonostante fosse frequentato da un discreto numero di ammalati, il bagno non doveva offrire molti servizi, tanto che anche il Petrini si vide costretto ad augurarsi che il proprietario si decidesse a ristrutturarlo "per renderlo più agiato e comodo all'uso dei bagni[...]". Curiosamente, tra le tante malattie che secondo il Petrini si potevano curare con queste acque, insieme alla lebbra, alla scabbia o alla gotta, comparivano anche la malinconia e la fatuità. A supporto della sua analisi poi, il Petrini elenca anche una serie di casi di guarigione avvenuti grazie all'utilizzo delle acque di Antrodoco che in quegli anni raggiunsero una tale notorietà da essere frequentate, sia per i bagni che per le cure idopiniche, anche da malati che venivano da lontano. Agli inizi del '900, le sorgenti conosciute erano due, quella detta "Acqua del Molino" e quella detta "Acqua a NO del Molino" e nel 1939 entrarono ufficialmente a far parte delle acque minerali italiane autorizzate dalla Direzione Generale Sanità Pubblica del Ministero dell'lnterno. Lo stabilimento costruito in quegli anni verrà distrutto durante la seconda guerra mondiale e sarà ricostruito dopo il 1945. Infatti negli anni dal 1957 al 1977, le Autorità Sanitarie autorizzarono l'apertura di uno stabilimento termale ritenendo queste sorgenti idonee dal punto di vista igienico-sanitario. Scaduta nel 1980 la concessione dei vecchi proprietari, questa è passata nel 1984, per la durata di 20 anni, con delibera della Giunta Regionale del Lazio, al Comune di Antrodoco che ha in progetto la riapertura del complesso termale.